Giselle

Giselle

giovedì 22 aprile 2010

Assignment6: Vegetarian diet

Dopo le lezioni di biochimica durante le quali ci sono stati elencati gli effetti negativi di una dieta vegetarina ho deciso di sfruttare il servizio di “ pubmed” per fare una ricerca su quali siano le conseguenze di questa dieta.
Ero convinta che avrei trovato articoli pronti a elencare gli effetti devastanti sulla salute di una alimentazione vegana e invece mi sono dovuto ricredere.
Nella mia breve ricerca ho trovato articoli molti vari, uno che mi ha particolarmente interessato è questo:uno studio sulle implicazione della dieta vegana sulla salute fisica e mentale e sulla produtività lavorativa su un gruppo di lavoratori.
“The aim of this study was to determine the acceptability of a worksite vegan nutrition program and its effects on health-related quality of life and work productivity. Methods: Employees of a major insurance corporation with a body mass index >/=25 kg/m(2) and/or a previous diagnosis of type 2 diabetes received either weekly group instruction on a low-fat vegan diet (n = 68) or received no diet instruction (n = 45) for 22 weeks. Results: The vegan group reported improvements in general health (p = 0.002), physical functioning (p = 0.001), mental health (p = 0.03), vitality (p = 0.004), compared with the control group(…) Conclusions: A worksite vegan nutrition program is well-accepted and can be implemented by employers to improve the health, quality of life, and work productivity of employees>(http//www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20389060)







Tra i diversi articoli che ho trovato molti elencavano i benefici di diete vegetariane e vegane per la salute, soprattutto in correlazione con la diminuzione del rischio di malattie cardiovascolari:



“Large prospective trials have demonstrated that populations following plant-based diets, particularly vegetarian and vegan diets, are at lower risk for ischemic heart disease mortality.” (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19766762)

“In vegetarians, a decrease of ischemic heart disease mortality was observed probably due to lower total serum cholesterol levels, lower prevalence of obesity and higher consumption of antioxidants.”(http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19166134)

Ho deciso poi, di affinare la mia ricerca cercando articoli che esponessero i rischi di una dieta così selettiva:
“…eliminating all animal products from the diet increases the risk of certain nutritional deficiencies. Micronutrients of special concern for the vegan include vitamins B-12 and D, calcium, and long-chain n-3 (omega-3) fatty acids. Unless vegans regularly consume foods that are fortified with these nutrients, appropriate supplements should be consumed. In some cases, iron and zinc status of vegans may also be of concern because of the limited bioavailability of these minerals.” (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19279075 )
“Restriction or exclusion of all animal foods may therefore result in low intake of certain micronutrients such as vitamin B-12, thereby affecting vitamin B-12 status and elevating plasma homocysteine concentrations.(..) Although early noticeable symptoms of vitamin B-12 deficiency are nonspecific (unusual fatigue, digestion problems, frequent upper respiratory infections), the best-known clinical manifestations of cobalamin malabsorption are hematologic (pernicious anemia) and neurologic symptoms.”( http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19357223)

In generale però posso dire che ho trovato magggiormente articoli che elencavano i benefici di una dieta vegana, sottolineando sempre l’importanza di una alimentazione ben pianificata con una continua attenzione alla carenzasopratutto di vitamine B12.
“…vegetarians, particularly vegans, must be advised to carefully plan their diets, to monitor their plasma vitamin B-12 on a regular basis to facilitate early detection of low cobalamin status, and to use vitamin B-12-fortified foods or take vitamin B-12 supplements if necessary.”(http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19357223 )
“However, from the public health viewpoint the health benefits of a well-planned vegetarian diet far outweigh the potential risks.” (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15806870)




Spero con questa mia ricerca, che non aveva certo l’obbiettivo di esaurire un argomento così vasto, di aver suscitato la vostra curisità ad approfondire questo tema.





domenica 11 aprile 2010

Lettera alla danza di Rudolf Nureyev

"Era l’odore della mia pelle che cambiava, era prepararsi prima della lezione, era fuggire da scuola e dopo aver lavorato nei campi con mio padre perché eravamo dieci fratelli, fare quei due chilometri a piedi per raggiungere la scuola di danza.
Non avrei mai fatto il ballerino, non potevo permettermi questo sogno, ma ero lì, con le mie scarpe consunte ai piedi, con il mio corpo che si apriva alla musica, con il respiro che mi rendeva sopra le nuvole. Era il senso che davo al mio essere, era stare lì e rendere i miei muscoli parole e poesia, era il vento tra le mie braccia, erano gli altri ragazzi come me che erano lì e forse non avrebbero fatto i ballerini, ma ci scambiavamo il sudore, i silenzi, a fatica. Per tredici anni ho studiato e lavorato, niente audizioni, niente, perché servivano le mie braccia per lavorare nei campi. Ma a me non interessava: io imparavo a danzare e danzavo perché mi era impossibile non farlo, mi era impossibile pensare di essere altrove, di non sentire la terra che si trasformava sotto le mie piante dei piedi, impossibile non perdermi nella musica, impossibile non usare i miei occhi per guardare allo specchio, per provare passi nuovi. Ogni giorno mi alzavo con il pensiero del momento in cui avrei messo i piedi dentro le scarpette e facevo tutto pregustando quel momento. E quando ero lì, con l’odore di canfora, legno, calzamaglie, ero un’aquila sul tetto del mondo, ero il poeta tra i poeti, ero ovunque ed ero ogni cosa. Ricordo una ballerina Elèna Vadislowa, famiglia ricca, ben curata, bellissima. Desiderava ballare quanto me, ma più tardi capii che non era così. Lei ballava per tutte le audizioni, per lo spettacolo di fine coso, per gli insegnanti che la guardavano, per rendere omaggio alla sua bellezza. Si preparò due anni per il concorso Djenko. Le aspettative erano tutte su di lei. Due anni in cui sacrificò parte della sua vita. Non vinse il concorso. Smise di ballare, per sempre. Non resse la sconfitta. Era questa la differenza tra me e lei. Io danzavo perché era il mio credo, il mio bisogno, le mie parole che non dicevo, la mia fatica, la mia povertà, il mio pianto. Io ballavo perché solo lì il mio essere abbatteva i limiti della mia condizione sociale, della mia timidezza, della mia vergogna. Io ballavo ed ero con l’universo tra le mani, e mentre ero a scuola, studiavo, aravo i campi alle sei del mattino, la mia mente sopportava perché era ubriaca del mio corpo che catturava l’aria.
Ero povero, e sfilavano davanti a me ragazzi che si esibivano per concorsi, avevano abiti nuovi, facevano viaggi. Non ne soffrivo, la mia sofferenza sarebbe stata impedirmi di entrare nella sala e sentire il mio sudore uscire dai pori del viso. La mia sofferenza sarebbe stata non esserci, non essere lì, circondato da quella poesia che solo la sublimazione dell’arte può dare. Ero pittore, poeta, scultore. Il primo ballerino dello spettacolo di fine anno si fece male. Ero l’unico a sapere ogni mossa perché succhiavo, in silenzio ogni passo. Mi fecero indossare i suoi vestiti, nuovi, brillanti e mi dettero dopo tredici anni, la responsabilità di dimostrare. Nulla fu diverso in quegli attimi che danzai sul palco, ero come nella sala con i miei vestiti smessi. Ero e mi esibivo, ma era danzare che a me importava. Gli applausi mi raggiunsero lontani. Dietro le quinte, l’unica cosa che volevo era togliermi quella calzamaglia scomodissima, ma mi raggiunsero i complimenti di tutti e dovetti aspettare. Il mio sonno non fu diverso da quello delle altre notti. Avevo danzato e chi mi stava guardando era solo una nube lontana all’orizzonte. Da quel momento la mia vita cambiò, ma non la mia passione ed il mio bisogno di danzare. Continuavo ad aiutare mio padre nei campi anche se il mio nome era sulla bocca di tutti. Divenni uno degli astri più luminosi della danza.
Ora so che dovrò morire, perché questa malattia non perdona, ed il mio corpo è intrappolato su una carrozzina, il sangue non circola, perdo di peso. Ma l’unica cosa che mi accompagna è la mia danza la mia libertà di essere. Sono qui, ma io danzo con la mente, volo oltre le mie parole ed il mio dolore. Io danzo il mio essere con la ricchezza che so di avere e che mi seguirà ovunque: quella di aver dato a me stesso la possibilità di esistere al di sopra della fatica e di aver imparato che se si prova stanchezza e fatica ballando, e se ci si siede per lo sforzo, se compatiamo i nostri piedi sanguinanti, se rincorriamo solo la meta e non comprendiamo il pieno ed unico piacere di muoverci, non comprendiamo la profonda essenza della vita, dove il significato è nel suo divenire e non nell’apparire. Ogni uomo dovrebbe danzare, per tutta la vita. Non essere ballerino, ma danzare.
Chi non conoscerà mai il piacere di entrare in una sala con delle sbarre di legno e degli specchi, chi smette perché non ottiene risultati, chi ha sempre bisogno di stimoli per amare o vivere, non è entrato nella profondità della vita, ed abbandonerà ogni qualvolta la vita non gli regalerà ciò che lui desidera. È la legge dell’amore: si ama perché si sente il bisogno di farlo, non per ottenere qualcosa od essere ricambiati, altrimenti si è destinati all’infelicità. Io sto morendo, e ringrazio Dio per avermi dato un corpo per danzare cosicché io non sprecassi neanche un attimo del meraviglioso dono della vita… "
RUDOLF NUREYEV